Curiosita’ sull’allunaggio Sono le 22.17 del 20 luglio 1969 quando l’astronauta americano Neil Armstrong compie il fatidico passo con il quale lascia il modulo spaziale ‘Eagle’ e mette piede sulla Luna, la più grande avventura del XX secolo. I computer sistemati a bordo dell’Apollo 11 erano meno potenti di un comune telefono cellulare di cui oggi si dispone…
Il programma Apollo fu un programma spaziale americano che portò allo sbarco dei primi uomini sulla Luna. Concepito durante la presidenza di Dwight Eisenhower e condotto dalla NASA, Apollo iniziò veramente dopo che il presidente John Kennedy dichiarò, durante una sessione congiunta al Congresso avvenuta il 25 maggio 1961, obiettivo nazionale il far “atterrare un uomo sulla Luna” entro la fine del decennio
In molti, in ogni angolo della Terra, celebreranno l’anniversario della missione Apollo 11 della Nasa. Legittimo: il 20 luglio 1969 è considerata una delle date più significative della nostra storia, la dimostrazione che l’infinito cosmico da lì in poi sarebbe stato di un’orma più breve.
Apollo è stato un’impressionante dimostrazione di programmazione tecnologica e organizzazione logistica che coinvolse 20mila tra industrie, università, centri di ricerca e oltre 400mila persone tra funzionari amministrativi, progettisti, ingegneri, scienziati, tecnici, operai. Oltre, naturalmente, a chi rischiava la vita in prima persona: gli astronauti.
La missione Apollo 11 ha avuto, specie negli Stati Uniti e in Europa, una copertura mediatica senza precedenti.
È entrata nella storia della televisione italiana e del nostro costume nazionale la diretta no-stop di 28 ore della Rai (allora in bianco e nero) che vide mobilitate 250 persone tra giornalisti e tecnici. Il picco di ascolti venne raggiunto nelle primissime ore del mattino del 21 luglio, al momento del “primo passo” di Armstrong, con 11 milioni di telespettatori.
Quali i costi dell’impresa?
Sono stati calcolati in circa 25 miliardi di dollari al valore del 1973 (equivalenti a 112 miliardi del 2018, ripartiti sull’arco di anni che va dal 1960 al 1973). Il bilancio della NASA toccò nel 1966 i 5 miliardi di dollari, pari al 5,5 per cento del Prodotto interno lordo.
Apollo 11 fu la missione spaziale che portò i primi uomini sulla Luna, gli astronauti statunitensi Neil Armstrong e Buzz Aldrin, il 20 luglio 1969 alle 20:17:40 UTC. Armstrong fu il primo a mettere piede sul suolo lunare, sei ore più tardi dell’allunaggio, il 21 luglio alle ore 02:56 UTC. Aldrin arrivò 19 minuti dopo. I due trascorsero circa due ore e mezza al di fuori della navicella, e raccolsero 21,5 kg di materiale lunare che riportarono a Terra. Il terzo membro della missione, Michael Collins (pilota del modulo di comando), rimase in orbita lunare mentre gli altri due erano sulla superficie; dopo 21,5 ore dall’allunaggio, gli astronauti si riunirono e Collins pilotò il modulo di comando Columbia nella traiettoria di ritorno sulla Terra.
La missione terminò il 24 luglio, con l’ammaraggio nell’Oceano Pacifico.
Le verità che forse non sapete sull’Apollo 11
Il prossimo 20 luglio si celebrerà il viaggio più straordinaro dell’uomo; qualche curiosità aggiuntiva per festeggiarlo più consapevolmente
Il 20 luglio 1969 primo allunaggio, quel celebre piccolo passo per un uomo sul suolo extraterrestre reso eterno da colui che lo fece, Neil Armstrong, come “un balzo gigantesco dell’Umanità”. E a ragione.
In molti, in ogni angolo della Terra, celebreranno l’anniversario della missione Apollo 11 della Nasa. Legittimo: il 20 luglio 1969 è considerata una delle date più significative della nostra storia, la dimostrazione che l’infinito cosmico da lì in poi sarebbe stato di un’orma più breve.
Via dalla glorificazione – cui certo Wired contribuirà anche seguendo la missione Beyond, che riporterà Luca Parmitano sulla Stazione spaziale internazionale la mattina del 20 luglio – sembra opportuno rivedere l’evento senza idealizzarlo. E non certo per chissà quale vezzo iconoclasta: il più grande viaggio mai intrapreso dalla nostra specie fu l’apice delle nostre virtù scientifiche, tecnologiche ed esplorative, ma per diversi motivi rivelò (e fu il frutto) anche dei nostri vizi.
Per dare la misura corretta di quel balzo sembra dunque necessario soppesare anche la piccolezza di chi lo spiccò: l’Uomo.
Eredità esplosiva
Il luglio del 1969 è il mese cruciale della space race inaugurata più di 10 anni prima fra Usa e Unione sovietica. Dall’ultima tappa, quella coincidente con il suolo lunare, i russi si sono però detti fuori (sebbene, proprio negli stessi giorni dell’Apollo 11, spediranno il mezzo automatico, Luna 15, attorno al nostro satellite naturale). Gli americani, insomma, corrono contro se stessi, eventualità talvolta anche più complessa. Ma nulla può più spaventare la Nasa: il padre del programma spaziale, il geniale barone Wernher von Braun – l’ex ufficiale nazista cui si devono le V2, consegnatosi con 500 dei suoi tecnici migliori all’esercito degli Stati Uniti alla vigilia della sconfitta tedesca nella seconda guerra mondiale –, sta lavorando a un grande razzo da prima che il programma Apollo venisse approvato.
Il risultato di 11 anni di migliorie progressive si chiama Saturn V, il lanciatore più potente mai realizzato: progettato dal Marshall Space Flight Center sotto la direzione di von Braun e Arthur Rudolph e realizzato da appaltatori di prim’ordine, rispondenti ai nomi di Boeing, North American Aviation, Douglas Aircraft e Ibm, è un gioiello di tecnologia largo più di 10 metri per 110,6 di altezza (18 in più della Statua della libertà), con una capacità di carico di 140 tonnellate in orbita terrestre e 48,6 in orbita lunare. Con i suoi 3 stadi, ha una massa complessiva al decollo di 2970 tonnellate, sollevata da 5 motori Rocketdyne F-1, quelli del primo stadio, capaci di sviluppare una spinta di 35100 kN al livello del mare.
I razzi Saturn dell’Apollo 11 avevano carburante paragonabile all’esplosione di granate da 45 chilogrammi l’una. E gli esperti della Nasa non potevano nemmeno ignorare la possibilità che un’esplosione potesse verificarsi durante la fase del lancio. Ecco perché gli spettatori che assistettero all’evento furono sistemati ad oltre 4 chilometri dal launchpad.
Il sistema per l’acqua potabile non funzionò, quindi per gli astronauti furono disponibili esclusivamente bevande frizzanti. Anche il semplice urinare e defecare si rivelò molto complicato poiché non fu disposto alcun sistema per espletare queste normali funzioni.
Quando Eagle, il lander dell’Apollo 11, si separò dal modulo orbitante, la cabina era ancora senza pressione. Questo causò un piccola esplosione che proiettò il lander a 5 chilometri di distanza da dove si era prefissati di allunare.
L’atterraggio sul suolo lunare fu compiuto quasi a corto di carburante. Molti, alla torre di controllo, ne erano al corrente e ne furono preoccupati. Tra questi, anche Milton Silveira, il quale aveva condotto i test e, tuttavia, riuscì a dimostrare che erano scarse le possibilità che potesse incendiarsi il propellente rimasto.
L’evento è spesso associato alla storica frase “un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”. Bene, si sappia che quel passo d’uomo non fu tanto piccolo. Infatti, il suo “salto” dalla scaletta del lander misurò 3,5 piedi, poco più di un metro.
Quando Aldrin raggiunse Armstrong nella passeggiata lunare, dovette fare molta attenzione affinché la porta del lander non si chiudesse poiché sprovvista della maniglia esterna.
Il compito più difficile per i due astronauti fu piantare la bandiera. Sebbene la superficie lunare secondo gli esperti doveva presentarsi morbida, Armstrong e Aldrin dichiararono di averla trovata piuttosto dura e rocciosa al di sotto di un manto polveroso. Tanto che la bandiera penetrò nel terreno a pochi centimetri dalla superficie.
La bandiera fu prodotta da Sears.
La tuta interna indossata dagli astronauti, ideata per mantenere il corpo in condizioni di pressione simili a quelle terrestre, fu cucita a mano da una vera e propria squadra di intraprendenti signore.
Apollo 11 partì dalla piattaforma 39A di Cape Canaveral alle 15.32 ora italiana del 16 luglio 1969.
Un milione di persone assistettero allo spettacolare decollo del razzo Saturn V. Circa 3500 giornalisti e radiotelecronisti erano presenti quel giorno storico a Cape Canaveral, per due terzi americani, il resto proveniente da 55 paesi.
Dodici minuti dopo il lancio, l’Apollo – ancora attaccato al terzo stadio del Saturn – entrava in orbita attorno alla Terra a 185 chilometri di quota.
Dopo un’orbita e mezzo, impiegata a effettuare tutti i controlli, dal Centro di controllo della missione a Houston giungeva il go per la Luna. Il motore del terzo stadio veniva acceso per imprimere all’Apollo la spinta necessaria a uscire dall’orbita e immettersi su una traiettoria lunare. Trenta minuti più tardi il complesso formato dal modulo di comando (battezzato Columbia) e dal modulo di servizio si staccava dal terzo stadio, effettuava una rotazione su se stesso di 180 gradi e si agganciava al modulo lunare (Eagle, Aquila, l’uccello-simbolo degli Stati Uniti) estraendolo dal terzo stadio, che a quel punto veniva abbandonato nello spazio. I tre moduli dell’Apollo, riuniti in configurazione di volo, potevano così correre verso la Luna, distante circa 380 mila chilometri.
L’obiettivo era la vasta distesa lavica del Mare della Tranquillità, all’altezza dell’equatore lunare.
Dopo un volo di trasferimento regolarissimo, il 19 luglio Apollo 11 iniziava il giro di boa intorno alla Luna, accendendo il motore del modulo di servizio per rallentare la velocità e inserirsi in orbita attorno al satellite. Manovra perfetta. Tutto era pronto, a questo punto, per il grande momento.
I due astronauti avevano a disposizione un tempo estremamente limitato per quella prima escursione sulla superficie della Luna: appena un paio d’ore.
Si adattarono presto e facilmente alla ridotta gravità lunare (un sesto di quella della Terra), imparando a muoversi a piccoli balzelli. Piazzarono a una certa distanza dal modulo lunare una telecamera fissa in grado di riprendere tutti i loro movimenti. Piantarono la bandiera a stelle e strisce – con qualche difficoltà, a causa della durezza del terreno.
Ricevettero la telefonata di congratulazioni dal Presidente Richard Nixon. Intanto avevano estratto dalla sezione inferiore del modulo lunare le attrezzature scientifiche che dovevano sistemare attorno al punto di discesa: essenzialmente un sismometro per rilevare i terremoti lunari e un riflettore laser su cui sarebbe stato possibile far rimbalzare un fascio laser lanciato da Terra per conoscere con estrema precisione la distanza tra il nostro pianeta e il suo satellite.
Nella “magnifica desolazione” (come la descrisse Aldrin) del Mare della Tranquillità, i due astronauti raccolsero quasi 22 chili di pietre nella zona circostante l’allunaggio, sollevando con i piedi la sottile polvere lunare che poi ricadeva con innaturale lentezza.
Aldrin, con la macchina fotografica Hasselblad fissata sulla tuta all’altezza del petto, scattò centinaia di immagini per documentare l’impresa.
Dopo circa 2 ore e mezzo venne il momento di rientrare nel modulo lunare: prima Aldrin e poi Armstrong, portandosi dietro i due sacchi di pietre e lasciando sulla Luna alcuni piccoli oggetti in memoria degli astronauti caduti sulla via della Luna.
Poi, finalmente, i due astronauti si concessero un lungo riposo di sette ore. Collins, intanto, continuando a inanellare le sue orbite solitarie, era tenuto costantemente informato da Houston su come procedevano le cose sulla Luna.
Come e perché toccò a Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins?
“Assolutamente per caso. Come in un gioco di dadi. Chiunque crede che tale scelta sia dipesa da qualche merito particolare o da un calcolo politico o da una decisione del presidente degli Stati Uniti, si sbaglia.
Essa è dipesa, né più né meno, dal modo in cui si sono susseguiti i voli Apollo e dal fatto che a Neil Armstrong sia capitato di comandare l’Apollo 11, cioè un volo che non prevedeva lo sbarco sulla Luna”.
Con un unico pensiero in testa (persino gli orari degli uffici pubblici furono modificati in funzione della missione Apollo 11), circa 900 milioni di persone s’incollarono alla tv. Oltre 20 milioni erano italiani.
Come l’Astolfo dell’Orlando furioso (spedito sulla Luna da Ludovico Ariosto nel ’500 per ritrovare il senno dell’umanità), la passeggiata di Neil Armstrong e “Buzz” Aldrin segnò una tregua ai rancori e ai disordini di quegli anni.
Giornalisti e osservatori internazionali profetizzarono che l’allunaggio statunitense (seguito anche da Mosca, ma completamente ignorato dalla Cina) avrebbe sancito l’inizio di una collaborazione fra Usa e Urss e, forse, la fine della Guerra fredda. Si trattò di un’illusione: ma l’emozione di chi assistette a quell’evento prevalse, per qualche giorno, su ogni cosa.
La diretta televisiva della Rai in occasione dell’allunaggio fu una delle più lunghe e accurate d’Europa, con 150 ospiti in studio e continui collegamenti con l’America.
Tito Stagno fu il protagonista assoluto di quella notte. «Avevo studiato alla lettera i manuali forniti dalla Nasa» ricorda il giornalista. «Ero in grado di interpretare ogni parola, codice o numero nelle comunicazioni fra gli astronauti e il centro spaziale. Condurre la trasmissione fu una passeggiata, se si escludono i 12 minuti di black out che servirono al modulo lunare per staccarsi dal modulo di comando e scendere sulla Luna.
Continuavo tuttavia ad ascoltare in cuffia le comunicazioni ufficiali e quando Armstrong disse “Reached land”, io annunciai “Hanno toccato”».
L’episodio è rimasto negli annali della Rai: in realtà a toccare era stata una sorta di antenna, e non il modulo vero e proprio. Ruggero Orlando, dagli Usa, reagì indispettito: “No, mancano ancora dieci metri”. E fra i due cominciò un memorabile battibecco, tra le risate e gli applausi degli ospiti in studio. «Il risultato fu che ci perdemmo lo storico annuncio dell’allunaggio, avvenuto pochi secondi più tardi» continua Stagno.
«Orlando era un ottimo commentatore, ma non indossava le cuffie, perché lo infastidivano, mentre io ascoltavo le voci degli astronauti, leggevo i messaggi della Nasa e contemporaneamente raccontavo al pubblico ciò che stava accadendo.
Per gli ascoltatori, ogni mia parola era oro colato».
La data del 20 luglio 1969 è anche nota per essere quella della più grande messa in scena della storia.
Certo, sempre ignoriate le tonnellate di prove e testimonianze a garanzia dell’allunaggio.
I dubbi cominciarono a diffondersi cinque anni dopo, quando William Charles Kaysing pubblicò We Never Went to the Moon, un libro in cui lo sbarco “manned”, cioè con equipaggio, si sosteneva impossibile per i limiti tecnologici dell’epoca.
Vale la pena chiedersi chi fosse l’autore, scomparso nel 2005, del testo che originò ogni luna-complottismo successivo.
Poco più di un anno prima del lancio dell’Apollo 11, Neil Armstrong rischiò di morire: era il 6 maggio del 1968 quando l’astronauta ebbe un incidente quasi mortale con un Lunar Landing Research Vehicle, dal quale riuscì a uscire catapultandosi fuori prima che il veicolo esplodesse.
L’atterraggio del Modulo Lunare Eagle non fu semplice: mentre Armstrong e Aldrin scendevano sul suolo lunare, il modulo si muoveva a una velocità troppo elevata che lo portò fuori rotta, verso un cratere pieno di rocce. A quel punto Armstrong prese il controllo del veicolo e riuscì a dirigerlo manualmente verso un luogo sicuro per l’atterraggio. Per fortuna riuscì a farlo in tempo, visto che ormai erano rimasti solo 30 secondi di carburante.
Il lancio dell’Apollo 11 comportava dei rischi e lo sapevano bene sia i protagonisti della missione che Richard Nixon: l’allora Presidente statunitense, infatti, aveva già preparato un discorso da utilizzare per una conferenza stampa da utilizzare nella sfortunata eventualità che l’impresa fallisse.
In segreto, Neil Armstrong portò con sé un manufatto sulla Luna: l’astronauta nascose nel suo equipaggiamento un pezzo di legno che apparteneva a un propulsore aereo costruito dai fratelli Wright.
In tutto il mondo, furono circa 650 milioni gli spettatori che seguirono l’incredibile missione in diretta tv, ascoltando Armstrong pronunciare la sua frase diventata ormai un simbolo dell’impresa.
Tra il 1968 e il 1972, per nove volte gli astronauti americani del programma spaziale denominato “Apollo” partirono diretti alla Luna: due volte per inserirsi in orbita attorno al nostro satellite e sette volte per scendere sulla sua superficie (una volta dovettero rinunciarvi, ma l’equipaggio riuscì a salvarsi).
Il programma Apollo era nato sulla scia della guerra fredda con l’Unione Sovietica e sulla spinta del famoso discorso tenuto dal Presidente John Kennedy il 25 maggio 1961 davanti al Congresso: «Io sono convinto che questa nazione debba impegnarsi a raggiungere l’obiettivo, prima che questo decennio finisca, di far atterrare un uomo sulla Luna e di farlo tornare sano e salvo sulla Terra»
Luna Video curiosità documentari sull’allunaggio dell’Apollo 11 della NASA
Uno straordinario documentario che rievoca la storia compiuta dal progetto Apollo attraverso le parole di coloro che riuscirono a realizzare il grande sogno di portare l’uomo sulla Luna: dagli ingegneri e responsabili della missione, da Neil Armstrong agli altri astronauti.
Un programma che fa rivivere, attimo dopo attimo, le emozionanti fasi di quella che è stata la più grande avventura del XX secolo.
A distanza di anni da quello storico 21 luglio 1969, in un mondo totalmente computerizzato, abbiamo dimenticato i rischi che furono corsi in quella missione.
Sequenze in diretta evidenziano la tensione palpabile di quei momenti: le emozioni rievocate nelle parole dei protagonisti rendono il programma estremamente vivo e avvincente.
Fonti approfondisci su questi blogs siti sullo sbarco dell’uomo sulla Luna missione NASA Apollo 11
https://www.nextme.it/rubriche/lo-sapevi-che/5842-10-curiosita-allunaggio-apollo-11
https://www.nextme.it/rubriche/lo-sapevi-che/5842-10-curiosita-allunaggio-apollo-11
https://www.focus.it/cultura/storia/la-lunga-notte