È legittima la pena di morte? Cesare Beccaria è il protagonista dell’Illuminismo italiano e autore del Dei delitti e delle pene, contro la tortura e la pena di morte, curiosità frasi aforismi vita opere pensieri …
Cesare Beccaria Bonesana, marchese di Gualdrasco e di Villareggio. (Milano, 15 marzo 1738 – Milano, 28 novembre 1794), è stato un giurista, filosofo, economista e letterato italiano considerato tra i massimi esponenti dell’illuminismo italiano, figura di spicco della scuola illuministica milanese.
Proveniente da famiglia nobile, si forma nel collegio gesuitico di Parma e poi studia, con molto successo, legge a Pavia, dove si laurea nel 1758.
È molto attivo nella vita culturale e mondana della città, e si lega strettamente ai fratelli Verri, Alessandro e Pietro.
Cacciato di casa dopo le nozze, viene ospitato dall’amico Pietro Verri, che per qualche periodo gli offre anche un sostegno economico.
Nel frattempo legge le “Lettere persiane” di Montesquieu, che lo portano ad avvicinarsi all’Illuminismo.
Dopo avere fatto parte del cenacolo dei fratelli Verri (c’è anche Alessandro, oltre a Pietro), scrive per la rivista “Il Caffè” ed è tra i creatori, nel 1761, dell’Accademia dei Pugni.
Nel 1764 avviene la prima pubblicazione di Dei diritti e delle pene, opera polemica in cui Beccaria, forte della sua conoscenza giuridica, esamina molti aspetti delle pratiche processuali dell’epoca individuando una serie di difetti che impedivano alla giustizia di essere, di fatto, applicata in maniera equa e giusta: il volume è un successo e procura molta fama al suo autore.
Il rapporto fra Cesare e sua figlia Giulia fu quasi inesistente, infatti alla morte della prima moglie il giurista colloca l’unica figlia superstite in collegio senza mantenere i contatti e, al compimento della maggiore età e conseguente possibilità di richiedere la dote, si affretta a trovarle un buon partito che accettasse in sposa una ragazza acculturata e indipendente, priva di grosse risorse economiche.
Cesare Beccaria propone una radicale riforma del modo stesso d’intendere la giustizia ed il rapporto che deve esserci tra i delitti e le pene.
Beccaria propone di distinguere la figura dell’accusatore da quella del giudice, per promuovere l’imparzialità di giudizio di quest’ultimo, e che le leggi vengano scritte in modo chiaro e comprensibile da chiunque, sia per permettere a tutti i cittadini una corretta conoscenza delle leggi che per limitare la pratica dell’interpretazione delle leggi.
Beccaria promuove l’idea che gli accusati abbiano dei diritti processuali garantiti ed anche il principio della presunzione d’innocenza, cioè che nessuno possa essere trattato come colpevole finché non è riconosciuto come tale secondo le norme di legge.
Cesare Beccaria nasce a Milano nel 1738 da una famiglia nobiliare.
Dopo la laurea in legge si avvicina alle posizioni illuministe e al circolo di intellettuali animato dai fratelli Verri.
Gli anni ’60 sono il periodo di maggior produzione intellettuale.
Collabora con Il Caffè e nel 1764 pubblica la prima edizione di Dei delitti e delle pene.
Dei delitti e delle pene – saggio di Cesare Beccaria
Ispirata a un approccio sensista e laico, l’opera è uno straordinario punto d’incontro tra i principi utilitaristici e una vena umanitaria.
La tesi più forte sostenuta da Beccaria è il rifiuto della pena di morte, non solo e non tanto perché è ingiusta, ma perché è inutile.
La condanna a morte, infatti, non costituisce un vero deterrente per il corpo sociale, il quale può abituarsi allo spettacolo dell’esecuzione fino a indurirsi così tanto da diventare a sua volta incline a tale delitto, oppure provare eccessiva compassione per la “vittima” e un senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni.
Inoltre, la condanna a morte è una pena “intensiva”, che produce un effetto momentaneo; più utile risulta invece un tipo di pena “estensiva”, che produce conseguenze durature. Se in questa tesi Beccaria mostra tutto il suo debito verso il sensismo, molto evidente è anche la componente utilitaristica del suo pensiero: la pena detentiva è un monito durevole e persistente per la società e un modo per riparare il danno economico-sociale per il condannato. Il fine della pena, infatti, deve essere in ultima analisi rieducativo.
Anche la tortura è radicalmente condannata.
Essa viola la presunzione di innocenza ed è, ancora una volta, inutile sul piano operativo, in quanto di norma induce a false confessioni dettate dalla sofferenza.
La pena di morte per Cesare Beccaria
Secondo Beccaria, la pena di morte può essere considerata una guerra di uno Stato intero contro un singolo individuo, e non può essere accettata poiché il bene della vita non può essere a disposizione della volontà dello Stato stesso.
Essa, inoltre, non ha un effetto deterrente sufficiente da giustificarne il ricorso, poiché – sempre secondo il filosofo milanese – il criminale tende ad avere paura dell’ergastolo o della schiavitù molto più che della morte: i primi costituiscono una sofferenza reiterata, mentre la seconda rappresenta un male definitivo, unico.
Non solo: per Cesare Beccaria chi pensa alla pena di morte può ricavarne una minore fiducia nelle istituzioni oppure rendere addirittura più disposti verso il delitto.
In “Dei delitti e delle pene”, quindi, il giurista meneghino propone di sostituire la pena di morte con i lavori forzati, utili a dimostrare l’efficacia della legge tramite un esempio prolungato nel tempo e utile alla collettività, che viene così risarcita dei danni causati; i lavori forzati, al tempo stesso, permettono di salvaguardare il valore dell’esistenza umana, e ha un’azione intimidatoria: la morte del corpo viene sostituita dalla morte dell’anima.
Alcune frasi aforismi pensieri di cesare Beccaria
“Ogni atto di autorità di uomo a uomo che non derivi dall’assoluta necessità è tirannico.
Fu dunque la necessità che costrinse gli uomini a cedere parte della propria libertà: egli è dunque certo che la minima porzion possibile, quella sola che basti a indurre gli altri a difenderlo. L’aggregato di queste minime porzioni possibili forma il diritto di punire; tutto il di più è abuso e non giustizia, è fatto, ma non già diritto.” tratto da “Dei delitti e delle pene”, pag. 32 (Newton Compton editori)
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https://it.wikipedia.org/wiki/Cesare_Beccaria
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