Siamo abituati a vedere persone, adulti, ragazzi e bambini, alle prese con questo parallelepipedo luminoso, distratti da chissà quale meraviglia virtuale, che non prestano attenzione al mondo reale circostante.
È ormai un diffuso luogo comune che adolescenti e giovani siano assorbiti quasi in toto da questo tipo di attività, ma i dati statistici mostrano che non sono soltanto i più giovani a subire il pericoloso fascino della moderna tecnologia. Dobbiamo innalzare la nostra consapevolezza sul tempo che passiamo sul nostro dispositivo.
Lo smartphone è diventato il posto in cui ci sentiamo a casa. Almeno questa è la conclusione a cui è giunto l’ultimo studio dello University College di Londra che ha trascorso più di un anno a documentare come utilizziamo lo smartphone a giro per il mondo.
La dipendenza da smartphone è una condizione che si manifesta come tante altre: spesso accostata a quella derivante da fumo e alcol, la dipendenza da cellulare invoglia il soggetto ad avere continuo bisogno di interagire con le principali applicazioni social installate sul telefono.
Si parla anche di dipendenza da social o di dipendenza da Facebook, poiché l’utilizzo di questi servizi è una fonte di gratificazioni, sperimentate attraverso apprezzamenti in veste di “like” o commenti a ciò che viene pubblicato online.
Una sensazione di piacere, quella derivata dalle interazioni virtuali, paragonabile a quella derivata dall’assunzione di cibi o dall’avere successo, che attiva un meccanismo simile a quello della dipendenza dagli oppiacei.
Ci sentiamo sempre a casa se abbiamo con noi uno smartphone. Lo dice uno studio dello University College di Londra che ha analizzato un anno di uso del dispositivo.
La ricerca, riportata dal Guardian e condotta da un team di antropologi guidato dal professor Daniel Miller, conclude che per la prima volta nella storia un oggetto tascabile è in grado di competere con la casa e il posto di lavoro per la quantità di ore spese al suo interno (o per meglio dire con la faccia sullo schermo): “Siamo sempre ‘a casa’ nel nostro smartphone”.
Questa sua funzione di rifugio spiega in parte la tendenza a interrompere anche i contatti umani faccia a faccia per immergerci nel nostro dispositivo, in cerca della sicurezza e della serenità offerte dalla nostra casa portatile. I ricercatori utilizzano la metafora della chiocciola.
Il modo in cui intendiamo questi schermi ci porta alla conseguenza più seria del fenomeno: il disturbo di quasi ogni forma di intimità, che lo vogliamo o meno.
Lo smartphone può infatti essere anche una trappola, perché gli altri, il lavoro, i bulli, chiunque può infiltrarsi nel nostro spazio.
In Italia, secondo dati Istat riferiti al 2018, l’85 per cento degli adolescenti tra 11 e 17 anni usa quotidianamente il telefonino e il 72 per cento naviga su internet tutti i giorni, (nel 2014 erano il 56 per cento). Si va sul web soprattutto dagli smartphone e ormai solo il 27 per cento si connette dal pc.
Una ricerca del Censis del 2018 certifica invece che circa il 60 per cento dei ragazzi controllano lo smartphone come prima cosa appena svegli e come ultima cosa prima di addormentarsi. Il 63 per cento (tra 14 e 19 anni) usa il cellulare a scuola durante le lezioni e il 50 per cento dichiara di tenerlo in mano dalle 3 alle 6 ore extrascolastiche al giorno.
A compensare questo incubo, almeno secondo lo studio, ci sono i benefici del poter mantenere rapporti a distanza con i cari (per molti l’app di messaggistica è uno degli spazi principali della vita), il valore politico o il contributo al monitoraggio della salute offerti dai dispositivi. Lo studio non parla di dipendenza.
La ricerca è stata condotta su un campione di 9 paesi, europei e non, con un focus sulla popolazione anziana, per dimostrare come l’intimità con i nostri smartphone non sia limitata all’uso che ne fanno i più giovani, ma sia un fenomeno globale e, in termini generali, umano troppo umano.
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L’antropologo Miller, ha concluso l’analisi spiegando: “Lo smartphone non è più solo un dispositivo che usiamo, è diventato il luogo in cui viviamo.
Il rovescio della medaglia per le relazioni umane è che in qualsiasi momento, sia durante un pasto, un incontro o un’altra attività condivisa, una persona con cui siamo può semplicemente scomparire, ‘andando a casa’ dal suo smartphone“.
Le forme di dipendenza da smartphone presentano alcuni comuni denominatori, come:
- Ignorare le persone durante una conversazione
- Avere una tendenza al controllo ossessivo delle notifiche, delle chat o dei social network
- Temere di perdere informazioni
- Presentare atteggiamenti compulsivi
- Manifestare malessere quando il cellulare è scarico o non ha linea
- Addormentarsi ogni sera con lo smartphone in mano
- Controllare le notifiche appena svegli.
CONSEGUENZE:
Isolamento, ansia, stress, depressione e solitudine accompagnano chi soffre di dipendenza da smartphone, il cui malessere è più marcato quando l’oggetto della dipendenza non può essere usato, o quando gli eventi esterni rappresentano un diversivo dal suo utilizzo.
Smartphone il bracciale per tenerlo al polso che potrebbe cambiarti la vita
Puoi nasconderlo nella mano, guardarlo dall’alto mentre ti tieni alla maniglia della metropolitana oppure usarlo come monitor esterno mentre scatti fotografie con la reflex: superato l’imbarazzo di andare in giro con questa appendice agganciata al polso può essere più utile di quanto sembri nella vita di tutti i giorni.
Può essere l’alleato ideale per chi va in bici, consentendoti di utilizzare lo smartphone come tachimetro o come sistema di navigazione. A differenza dei sostegni già presenti in commercio, potresti avvicinarlo agli occhi in quei momenti in cui riesci a togliere una mano dal manubrio e, essendo attaccato al polso, può essere più resistente contro urti o vibrazioni.
Fonti e approfondimenti sulla dipendenza dallo smartphone:
https://www.gqitalia.it/tech-auto/article/smartphone-bracciale-polso
Dipendenza da smartphone? Un test per scoprirlo
Quanto tempo pensi di passare ogni giorno davanti allo smartphone?
Pochi minuti? Qualche ora? E quanto tempo alla settimana?
Molto spesso non abbiamo la consapevolezza del reale consumo di tempo che facciamo in modo automatico e spesso lo sottovalutiamo di molto, specialmente quando si tratta del tempo che impieghiamo a usare il nostro dispositivo preferito.
Quello strumento che pensiamo di usare in modo saggio e commisurato in realtà ci sta rubando energie, tempo e attenzione, ma soprattutto ci sta dando una forte dipendenza.